Se l’amore è rivoluzionario, allora è più forte di Cosa nostra

Se l’amore è rivoluzionario, allora è più forte di Cosa nostra

La ribellione individuale spesso è un terremoto dell’anima

 

Di Francesco Clemente

Rivedere, centellinandolo immagine per immagine, Le conseguenze dell’amore di Paolo Sorrentino del 2004 – complice probabilmente il freddo inusitato di una Puglia, meridione del meridione –, consente di realizzare seriamente, e con un certo stupore, un luogo comune: ogni cosa, forse, ha i suoi tempi di maturazione. Quando il film uscì nelle sale, chi scrive era troppo giovane e troppo serioso per poter apprezzare fino in fondo il paradosso che da esso si sprigiona, per potersi mettere alla prova, sperimentando la trasformazione del tempo.Sorrentino, con questa pellicola, esprime un punto di vista sull’amore che pungola inesorabilmente: quel sentimento è un fatto straordinario per la vita, sotto più di un aspetto.

Il film, per chi non lo avesse visto, racconta di un indecifrabile personaggio, Titta Di Girolamo, interpretato da uno strepitoso Tony Servillo, che vive da 8 anni in un albergo svizzero, dedicando la propria esistenza a immodificabili abitudini fatte di consegne di misteriose valige ad istituti di credito, sobrie uscite in centri commerciali, la pulizia del sangue presso un centro specializzato.Il rebus è presto risolto: Di Girolamo è un referente di Cosa Nostra incaricato di riciclare il denaro in Svizzera, senza dare nell’occhio e, a questo fine, vivendo una vita ai limiti della clausura e regolata con la precisione degli orologi fabbricati nel paese che lo ospita.Ma a un certo punto, durante le sue interminabili attese pomeridiane in albergo, Di Girolamo avverte lo strisciante trasporto sentimentale verso la cameriera del banco del bar, anch’essa dedita, a sua insaputa, a scrutarlo in segreto. L’ostinata e perseverante goccia che nasce dentro di sé non ne scalfisce solo la durezza emotiva. Ha effetti assai più devastanti: l’aria nuova che circola nei polmoni lo induce a rompere il velo di ipocrisia che regola i suoi rapporti di amicizia, quelle frequentazioni finalizzate ad evitare il tedio delle solitarie serate.

Al fianco della ragazza si gode finalmente un panorama anche sociale diverso, ed arriva a ribellarsi contro i suoi stessi benefattori- carcerieri, i boss mafiosi che lo hanno relegato in quel ritiro ovattato, al di là delle Alpi. La decisione di consegnarsi, con uno sgarro voluto, ai propri aguzzini è un suicidio autoimposto, conseguenza anch’esso dell’amore. Finale da “storia romanzata”, ovviamente molto sopra le righe, che tuttavia, se letto alla luce dei documentati studi dello psicoterapeuta Girolamo Lo Verso, autore di saggi come La Mafia dentro e La Mafia in psicoterapia, trova un supporto sostanziale alla veridicità: quegli studi, infatti, mettono a fuoco le dinamiche psicologiche dei boss di mafia e dei loro malcapitati accoliti, evidenziando come solitamente entrambi mortifichino i propri sentimenti per svolgere al meglio i crimini.

L’uomo di mafia, sostiene Lo Verso, compenserebbe l’esigenza di amare con quella di esercitare il potere, per cui per non danneggiare il secondo deve guardarsi bene dal farsi coinvolgere dal primo: l’amore, insomma, nella sua piena libertà di espressione può costituire un pericolo per gli equilibri di potere, fino a sovvertirli. Motivo per cui, è bene per un “uomo d’onore” porre rimedio con modalità esistenziali autolesionistiche, con scelte radicali nella vita privata.Di Girolamo-Servillo decide di fare a pezzi proprio questa corazza indossata per cinici interessi, tentando di riscattarsi fino all’ultimo da un’esistenza di “morto in vita”, abbandonando i vecchi e rassicuranti panni dell’algido esecutore di crimini e azzardando l’ultima (e vera) boccata d’aria della propria vita.

Ma la lezione che il film dà oltrepassa il contesto ristretto del “picciotto” e induce a mettere a fuoco quanto l’abitudinarietà in generale contribuisca, suo malgrado, ad alimentare il rifiuto dell’amore, escludendo uno sguardo più personale sulle cose.

Se dunque la rivoluzione in genere è considerata un fatto essenzialmente corale, è associata ad un’immagine di popolo, possiamo scardinare anche questa immagine fissa, di comodo, e spingerci a ipotizzare che una rivoluzione altrettanto credibile potrebbe essere quella delle nostre consolatorie abitudini.E da questo punto di vista, non può essere proprio l’amore l’occasione (forse l’unica) di autenticità dinanzi ai continui compromessi, spesso anche umilianti, che il lavoro, i rapporti consolidati in società ci costringono a subire?Sì, l’amore può essere un momento di verità e come tale prendere i panni della propria piccola rivoluzione.Quella verità rivoluzionaria che tanta paura fa ad un altro personaggio interpretato sempre da Servillo in un altro film di Sorrentino, quel Giulio Andreotti de Il divo, nel quale spicca l’incredibile monologo sul salato prezzo potere.

Ma Le conseguenze dell’amore ci suggerisce anche un’altra cosa: se intende essere rivoluzione, l’amore non può che essere gratuito, sganciato cioè dai rapporti di utilità o di esiti scontati, segnato solo dal “dare” senza aspettarsi nulla “in cambio”. Nel film di Sorrentino la cosa fondamentale per Di Girolamo non è aver “consumato” l’amore, averlo portato a termine, con una trionfalistica conquista. E così, infatti, non sarà. Il nocciolo della questione sono appunto le conseguenze dell’amore, al di là dell’amore stesso, di come si presenta, di come nasce e di come si conclude. Un atto di coraggio che vale la pena vivere, e che anche nel suo mancato lieto fine, può valere il riscatto di un’intera esistenza.

Le immagini sono state ricavate dalle fonti seguenti:

http://guidatv.sky.it/guidatv/programma/film/drammatico/le-conseguenze-dell-amore_42598.shtml

http://www.markgatzby.com/le-conseguenze-dellamore-quando-la-musica-rompe-il-silenzio/

https://www.youtube.com/watch?v=UtzxadNMniQ

https://www.youtube.com/watch?v=hXx08QATkOg

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